Poco fuori Cantalupo in Sabina, lungo una via sterrata che, un tempo, era la strada principale per il paese, esiste un piccolo luogo di pace, restituito da pochi anni alla sua originaria bellezza.
La chiesa di Sant'Adamo, a metà di una lunga salita fra robuste querce e scorci di colline, sembra aspettare con umile benevolenza chi giunge silenzioso: come una persona cara che ci attenda al ritorno di un lungo viaggio, col sorriso sulle labbra, gli occhi umidi e qualcosa di caldo sul fuoco.
E' una storia d'affetto e devozione millenaria, infatti, quella che lega gli abitanti di Cantalupo a questo edificio ed a colui che ad esso ha dato il proprio nome, l'eremita Adamo; un Santo che in realtà è un Beato, ma che tanto amore e tanta disponibilità aveva verso il prossimo da essere stato "canonizzato" nei cuori e nella tradizione popolare dai suoi conterranei.
La storia del miracolo di S. Adamo
Si racconta che un giorno Adamo, vedendo un carrettiere in difficoltà lungo la ripida costa che conduce al paese, lasciò prontamente il suo lavoro per aiutarlo a spingere.
Fra sbuffi e sudore il carretto riprese dunque ad avanzare e l'uomo già stava per esprimere la sua gratitudine per quell'aiuto provvidenziale, quando, forse involontariamente, il mulo colpì Adamo in fronte con un calcio, facendolo cadere a terra privo di sensi.
Subito il mulattiere, adirato con l'animale e prima che il monaco potesse trattenerlo, afferrata una vanga, menò un gran fendente contro la zampa scellerata, recidendola di netto.
Quando l'eremita rinvenne, il povero mulo, terrorizzato e sanguinante, se ne stava tremando a fissare il suo zoccolo in terra e - certo - sarebbe morto di lì a poco se nessuno se ne fosse preso cura, ma fu allora che Adamo compì il miracolo per cui tutti lo ricordano: raccolto il povero resto, si avvicinò al mulo sussurrando piano parole di rassicurazione e, con un semplice gesto, riattaccò il moncherino al resto della zampa, risanandola perfettamente.
La storia non dice cosa accadde dopo, ma ci piace pensare che il mulattiere, pentito del suo gesto iracondo e illuminato dalla grazia dell'eremita, ebbe da allora in poi tutte le migliori attenzioni per il suo prezioso compagno di lavoro e serbò per sempre nel cuore il ricordo di quell'uomo buono e di quanto era accaduto, contribuendo col proprio racconto a farne crescere la fama ed il rispetto.